Maria Silvana Patti, psicologa, psicoterapeuta, responsabile del Servizio di Psicotraumatologia e del Master in Psicotraumatologia dell’ARP di Milano. Membro del Comitato Scientifico della Casa della Psicologia, Ordine degli Psicologi della Lombardia.
Elena Camerone Psichiatra e psicoterapeuta
Completa la trilogia di Synapsis dedicata alla guerra un webinar che analizza negli aspetti pratici l’individuazione del trauma, gli esiti psicopatologici e l’intervento terapeutico cui sottoporre chi ne è vittima.
Tra i numerosissimi conflitti in corso, ad aver risvegliato le coscienze dell’Occidente è la vicina guerra in Ucraina, che affliggerà di effetti psicopatologici dovuti all’esposizione prolungata non solo le vittime dirette, ma tutti coloro che, a varia intensità, la subiscono: la popolazione civile, i soccorritori, gli operatori di ong, i cronisti, fino a noi tutti che nell’infodemia attuale siamo passibili di un trauma vicario.
A premessa storica Maria Silvana Patti ripercorre gli studi legati ai traumi di guerra, fatalmente condizionati dall’evolversi delle tecniche militari fino alla comparsa delle armi di distruzione di massa. Già Senofonte nell’Anabasi riferiva di comportamenti depressivi nelle truppe. Ma i primi studi scientifici sulle reazioni traumatiche dei combattenti datano fine Ottocento, con il concetto di “trauma psichico” formulato dal neuropatologo tedesco Hermann Oppenheim. Inascoltato fino alle prove di nevrosi traumatiche notate nella prima guerra mondiale, quando i sintomi dei soldati venivano piuttosto ricondotti all’isteria e visti con sospetto per il disvelarsi di fragilità personali inconcepibili nella retorica di guerra. Sono invece valide ancor oggi alcune linee di trattamento emerse dal secondo conflitto mondiale, che vide il coinvolgimento massiccio della popolazione con esiti devastanti sui civili. Fino alla guerra del Vietnam, crudamente coperta dai media oltre la censura imposta. Noto è il fenomeno dei reduci gravemente traumatizzati che si affidarono ad “autocure” con uso di sostanze o alcool, ma anche a gruppi di “autoaiuto” poi confluiti in reti terapeutiche organizzate. Finalmente nel 1980 il DSM III riconobbe come categoria diagnostica il “disturbo da stress post traumatico”.
Nella contingenza del conflitto in Ucraina la docente espone le fondamentali linee guida per interventi d’emergenza, analizzando sintomi ed esiti psicopatologici dei traumi di guerra. Con una particolare attenzione al trattamento dei bambini, considerando che i genitori stessi, pure vittime, ammettono difficoltà nell’assicurare sicurezza e protezione ai propri figli.
Un problema attuale e futuro, perché quale società potrebbe reggersi su individui incapaci di investire nel proprio progetto di vita e qualora la trasmissione del trauma diventasse transgenerazionale?
Lectio di Maria Silvana Patti
È possibile seguire la lezione senza il rilascio dei crediti ECM